«Think different»
Il pensiero progettuale nella didattica capovolta a distanza
In un webinar FEM del 2020 intitolato “Come ripensare il laboratorio di matematica nella didattica a distanza” sono state raccolte le voci e le difficoltà di molti insegnanti che alla domanda del FEM “A cosa sono dovute principalmente queste difficoltà?” hanno risposto:
la didattica a distanza non permette una sufficiente interazione (75,1%);
molti studenti non hanno le attrezzature necessarie (60,5%);
è complessa la restituzione delle consegne (36,3%);
diversi studenti non partecipano pur avendo le attrezzature necessarie (26,5%)
Personalmente alla domanda “A cosa sono dovute queste difficoltà della didattica a distanza?”, risponderei che sono dovute al fatto che le lezioni non vengono mai progettate ma sono per la maggior parte soltanto “tenute”, absit iniuria verbis, ovvero realizzate lì per lì quando le si svolge.
Ci si può svincolare dall’insufficiente interazione attraverso un approccio mentale diverso all’insegnamento a distanza e soprattutto alla progettazione didattica delle attività e dei compiti.
Non parliamo da soli davanti ad una webcam con un pubblico in silenzio, dialoghiamo progettando il dialogo.
Ma chi vieta di progettarle lezioni? Chi vieta di somministrarle ai ragazzi in modalità sincrona aggiungendo all’interno delle parti asincrone di video registrati in precedenza col PC o col cellulare? Chi vieta di adottare il flipped learning e i compiti autentici?
Progettare una lezione è anche progettare un dialogo e un dialogo è fatto di parole dette e di ascolto, di ripetizioni, di ritmo. Un dialogo a distanza può essere composto di parole registrate che ciascuno ascolta col proprio ritmo, e può essere anche composto sia di ascolto diretto sia di ascolto in differita, asincrono. Cosa voglio dire? Voglio dire che se gli studenti devono capire e ascoltare, allora anche noi dobbiamo fare lo stesso, perché l’apprendimento è bidirezionale. Freire diceva che “[…] l’educatore non è solo colui che educa, ma colui che, mentre educa, è educato nel dialogo con l’educando, il quale a sua volta, mentre è educato, anche educa”. In questo modo l’interazione muta, si accresce di relazioni, aumenta.
Scrivo questo articolo perché dopo aver condiviso le suddette considerazioni, giorni fa, con un mio amico docente, mi sono sentito rispondere:
"Le tue considerazioni potrebbero essere utili. Ti aggiungo una cosa, nata da una frase che ho sentito ieri.
Dobbiamo dare tempo al tempo. Non possiamo pretendere delle lezioni online perfette dal primo giorno, perché non è possibile. Non possiamo pretendere dai ragazzi cose che richiedono pensieri profondi e maturità. Dobbiamo adattare quello che chiediamo al target che ci troviamo davanti, e soprattutto al budget che abbiamo a disposizione (in termine di tempo, energie e, perché no, soldi)"
Credo di dovermi spiegare meglio, perché le mie iniziali considerazioni non sono affatto chiare e non mostrano come superare le difficoltà della scarsa partecipazione.
Una riflessione: ma chi vorrebbe partecipare ad un monologo di 45 minuti? Avete mai visto in teatro un monologo di 45 minuti? Quelli belli in stile “Novecento” di Baricco sono pochi.
Anche la restituzione delle consegne è una difficoltà che può essere minimizzata utilizzando i compiti autentici, le checklist, e una valutazione formativa ed autentica. Ovviamente queste cose bisogna progettarle e tenerle a mente quando si fa lezione o si redige una consegna.
“Non c’è da stupirsi che insegnare sia una tale sfida!”, diceva Rob Roy Kelly, docente americano, pedagogista e autorevole progettista di programmi scolastici, scomparso nel 2004. Fu (per caso e per un pizzico di fortuna) studente a Yale di Josef Albers, maestro elementare e poi studente e quindi insegnante ed esponente di spicco della scuola del Bauhaus, emigrato in fine negli USA.
Torniamo ora alle difficoltà messe in evidenza del webinar. Come superarle? Qualcuno potrebbe pensare che io in qualità di esperto di tecnologie digitali desideri che tutti gli insegnanti d’Italia prendano una laurea in informatica e diventino anche dei docenti “capovolti”.
Io però non sto parlando dell’adozione più o meno rapida di strumenti i digitali, non sto parlando della messa in pratica di metodologie didattiche a distanza sempre nuove e all’avanguardia, per le quali c’è ovviamente bisogno di tempo affinché vengano assimilate da docenti e studenti e possano essere quindi utilizzate fruttuosamente.
Io sto parlando di pensare diversamente. Di approcciarsi alle due attività di tenere una lezione e di assegnare dei compiti, con una disposizione d’animo e di ragionamento che accetti e comprenda i differenti stili di apprendimento degli studenti.
La mente di chi insegna deve essere attenta nel comprendere. Qui il verbo “comprendere” ha per me due significati: capire e cogliere il senso dei diversi stili di apprendimento di ciascuno studente, ma anche racchiudere insieme tutti questi stili. Sapere che esistono differenti stili di apprendimento e che ciascuno adotta il suo fa sì che nel preparare una lezione o una consegna di un compito l’insegnante abbia a cuore le modalità con le quali i ragazzi studieranno, ascolteranno, leggeranno, agiranno e progetteranno.
“Gli studenti non imparano tutti allo stesso modo né alla stessa velocità. Alcuni imparano dal successo, altri dal fallimento. L’apprendimento può essere imprevedibile. Per molti studenti l’apprendimento è l’effetto cumulativo di tutto il lavoro dei vari corsi; mentre per altri l’apprendimento è centrato su uno o due problemi.
Per alcuni studenti la comprensione potrebbe non arrivare se non molto tempo dopo. Ci sono studenti che in realtà imparano di più dai compagni di classe che dagli insegnanti. Per alcuni studenti è più efficace passare dal generale allo specifico; mentre altri imparano progredendo dallo specifico al generale. La maggior parte degli studenti impara facendo, ma altri imparano dall’esposizione; alcuni imparano ascoltando o leggendo di come si progetta. Ci sono anche studenti che imparano imitando il lavoro di altri progettisti. Tutti gli studenti imparano con una combinazione di metodi. Non c’è da stupirsi che insegnare sia una tale sfida!” (Kelly, 2001)
Quando si tiene presente che ogni studente ha un proprio stile di apprendimento allora si progettano una didattica, una valutazione e dei compiti che davvero sono efficaci, perché ciascuno di questi elementi si basa sulla comprensione di processi di apprendimento pluridirezionali, di sintesi ed analisi, di scoperta dal particolare al generale e viceversa, di teorie derivate dalla pratica e dall’esperienza e di teorie da cui derivano pratiche ed esperimenti. Nella progettazione didattica realizzata da quegli insegnanti che tengano bene a mente i differenti stili di apprendimento, vi saranno sempre principi di apprendimento pluridirezionali che guideranno la costruzione di compiti cooperativi e motivanti, valutazioni autentiche e lezioni interattive e partecipate.
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