Periplo, novembre / dicembre 2025, n. 5
Strade Maestre. Pensieri sparsi. Lascio l'attuale scuola e ringrazio ragazze e ragazzi.
Indice
Su Strade Maestre
A proposito di Strade Maestre
Uno sguardo sul progetto Strade Maestre come esperienza pedagogica innovativa: origini, risonanza pubblica, unicità della proposta e valore educativo del camminare insieme.Mi candido per le classi seconde che arriveranno più avanti
Un testo dichiaratamente personale: una candidatura spontanea a mo’ di articolo e un desiderio chiaro di rimettersi in cammino accanto alle ragazze e ai ragazzi, guardando al futuro di Strade Maestre.Competenze per Strade Maestre
Un inventario ragionato di esperienze, competenze didattiche, pedagogiche e progettuali maturate negli anni, che potrei mettere a disposizione di un possibile percorso comune.Idee all’apparenza balzane
Ipotesi, visioni e provocazioni educative: scenari futuri per Strade Maestre, tra scuola parentale, curricoli in cammino e nuove forme di istituto.La scuola parentale di Strade Maestre
Istituto Strade Maestre, Liceo delle scienze umane opzione economico-sociale con progetto sportivo «Mario Mazza»
Diario di bordo — Appunti sparsi di un mese in transito
Pensieri brevi, titoli-seme, frammenti di riflessione: un mese vissuto come attraversamento, annotato per non trattenere e per non perdere nessun pensiero.Lascio la scuola dove lavoro. Prosegue il Cammino di ricerca
Un commiato carico di affetto nei confronti delle ragazze e dei ragazze della scuola nella quale ho lavorato tre anni e mezzo e che lascerò il 31 dicembre 2025.Grazie e buona strada
Su Strade Maestre
«Su Strade Maestre». Una frase che, come ben avrete intuito, ha due possibili interpretazioni:
A proposito del progetto Strade Maestre
Lungo strade maestre. O camminare lungo strade maestre. O viaggiare lungo i cammini percorsi dai grandi del passato. O andare alla scoperta delle strade maestre, cercando di trovare la propria strada. Che io interpreto, in definitiva, come: «non cercare di seguire le orme dei saggi di un tempo, cerca ciò che essi cercavano». Frase, questa, attribuita al maestro di haiku Matsuo Bashō. Le grandi maestre e i grandi maestri ci sono di ispirazione, sono nostri ispiratori e ispiratrici, alcuni sono nostri progenitori spirituali, ma poi comunque sta a noi costruire la nostra esistenza.
Dividerei dunque questo articolo in due parti, proprio come le due diverse interpretazioni del titolo.
A proposito di Strade Maestre
A proposito del progetto Strade Maestre si potrebbe scrivere a lungo.
I lettori possono rintracciare on-line ed ascoltare le numerose interviste che varie radio hanno fatto ai ragazzi in cammino di questo progetto, come quella di Unica Radio, e leggere le centinaia di articoli apparti sulle maggiori testate e numerosi blog, i cui link sono tutti riportati nella sezione Rassegna stampa del sito di Strade Maestre.
Se non ci si volesse focalizzare su le almeno cento caratteristiche dal grande impatto educativo che questo progetto possiede, bisognerebbe almeno citare l’importanza che esso riveste sul territorio italiano in quanto a innovazione didattica e unicità della proposta.
Si potrebbe discutere a lungo, sia con apprezzamenti che critiche. Il punto decisivo resta l’illuminante aspirazione di percorrere un pezzo di strada insieme alle ragazze e ai ragazzi, per far sì che essi possano migliorarsi ogni giorno.
Tale peculiare e autentica vocazione rappresenta, a mio modesto parere, un vero e proprio punto di svolta nelle metodologie di insegnamento-apprendimento per la fascia di età 14-19, similmente a quanto già accadde cento / centicinquanta anni fa con molti progetti pionieristici e con le relative esperienze che ne seguirono. Sto pensando alle figure di Giuseppina Pizzigoni, Baden-Powell, Montessori, Freinet. Ma anche, seppur in maniera lata o marginate, alle esperienze di Makarenko, quelle della Ecolint sotto la direzione di Marie-Thérèse Maurette per quel che riguarda l’internazionalizzazione, l’inclusione di Alexander Neill.
Strade Maestre in somma ha dato vita ad un nuovo filone di pratica, di esperienze in cammino, che potrebbe anche definirsi col termine di pedagogia del cammino.

Pochi giorni fa,
Cercare meglio l’intera preentaizone dell0'università foro italico
Farer riferimento alla mail https://mail.google.com/mail/u/0/#inbox/FMfcgzQdzcspqjTMdkJgTjqsmrFkKJvg
Mi candido per le classi seconde che arriveranno più avanti
Il 31 dicembre 2025 si conclude il mio lavoro nella scuola superiore dove per i ragazzi e le ragazze ho investito tanta passione, dedicato tempo e profuso infinite energie. Un lavoro a tempo indeterminato, davvero ben pagato, lasciato consapevolmente.
Ho commesso errori, fallito tante volte, ho imparato molto, mi sono rialzato, sono inciampato di nuovo. Ora sono al punto in cui devo ricominciare un’altra volta da capo.
Da dove ripartire?
Dal gennaio 2025 non potrò più stare accanto alle ragazze e ai ragazzi nella quotidianità scolastica, ma non smetterò di impegnarmi per loro.
Non posso farlo. È il percorso a cui ho scelto di dedicare tutto il tempo dell’esistenza che mi resta. È ciò cui ho scelto di dedicare l’intero mio tempo e la mia vita futura. Una promessa che ho fatto a me stesso quando non sapevo se avrei superato o no il periodo della malattia.
Continuerò a dedicare tempo, pensiero e attenzione alla loro crescita, anche attraverso questo spazio, La scuola immaginata, che rimane per me un luogo di riflessione e contributo autentico e alla mia portata.
Negli ultimi tre anni ho incontrato numerosi rappresentanti di diverse scuole parentali, bambine, ragazze, bambini e ragazzi. Ho seguito altre realtà a distanza: ho letto molto, partecipato a incontri online, seguito open day e videoconferenze di presentazione e di restituzione.
Le esperienze sono tantissime, i progetti in Italia sono migliaia. Ma se dovessi investire su una direzione più precisa, scommettere su uno dei tanti progetti nazionali, allora sceglierei senza esitazione Strade Maestre.
Ed è proprio da qui che vorrei ricominciare: da un percorso di vita e di formazione che, passo dopo passo, mi prepari a far parte del team di docenti delle future classi prima e seconda di Strade Maestre. Magari nell’anno scolastico 2027-2028.
Oppure potrei contribuire alla parte di progettazione didattica e logistica, e incontrare le classi in qualche punto lungo il cammino per qualche settimana.
Un obiettivo possibile, concreto e per me profondamente significativo.
Competenze per Strade Maestre
Esperienze di docenza a contratto in C.F.P. (indirizzo grafica e stampa)
Matematica applicata in una seconda superiore
Problem Solving inteso come processi di progettazione grafica, in prima e seconda superiore
Potenziamento di matematica per il primo biennio
Tutor per l’apprendimento all’interno di un percorso specifico per il ri-orientamento personale e lavorativo di studenti a rischio dispersione scolastica , DSA certificati e non, in fascia C con difficoltà economiche e sociali con messa alla prova
Esperienze accademiche
Dal settembre 2025 docente di Laboratorio di Color Design alla Trentino Art Academy
Formazione pedagogica e riferimenti teorici
Studio autonomo delle opere, delle pratiche e delle tecniche di:
Giuseppina Pizzigoni
Mario Lodi
Altri esponenti del Movimento di Cooperazione Educativa
Educazione attiva
Pedagogia della lumaca» di Gianfranco Zavalloni
Pedagogia dell’autonomia di Freire
Franco Lorenzoni, con apprendimento e pratica di:
osservazione, in particolare del cielo, inteso come risorsa educativa gratuita e sempre disponibile
documentazione dei dialoghi avvenuti in aula
ascolto attivo, centrato sul vissuto dei ragazzi
dialogo euristico
curricolo emergente, metodologia del sostare, «navigare di bolina»
oggetti culturali
Baden-Powell
Branca Rover AGESCI e CNGEI
Capo-gruppo CNGEI, confronto settimanale da tre anni con una capo-gruppo
Outdoor education
Alberto Manzi
didattica attiva quotidiana
centralità del movimento e dello sport
uscite didattiche e sperimentazione continua in aula e all’aperto sulla terrazza della scuola
metodo scientifico
Competenze nella progettazione didattica
Progettazione autonoma dei syllabus per ogni corso e modulo tenuto
Definizione degli obiettivi formativi tramite Risultati di Apprendimento Attesi secondo le prassi promosse da Susanna Sancassani del Politecnico di Milano
Flipped Learning
Progettazione Universale per l’Apprendimento, altrimenti detta Universal Design for Learning
Sistema degli indicatori testuali
Metodologia di studio SQ3R e PQ4R
Progettazione a ritroso, più nota con l’appellativo di framework e il nome di «Understanding by Design» o «Backwards Design»
Competenze nel design e nella comunicazione
Formazione come Tecnico Superiore Grafico in comunicazione multicanale (dai 37 anni in poi)
impaginazione, produzione grafica e pianificazione, controllo qualità del processo grafico
comunicazione visiva
storytelling e tecniche di ripresa
digital marketing
post-produzione fotografica
economia aziendale e preventivistica
reti informatiche
organizzazione aziendale
moderazione e animazione 3D
app design
tesi conclusiva: «Il Design Thinking nella didattica»
Approfondimento tecnico-pedagogico attraverso l’opera di:
Anni e Josef Albers
Rob Roy Kelly (curricoli di design e grafica)
Esperienza professionale nel settore commerciale
Otto anni di lavoro nella vendita di soluzioni informatiche hardware e software Apple
Consulenza etica e formazione del personale come Store Manager
Competenze sviluppate:
tecniche di vendita etica e ascolto attivo ispirate ai lavori e agli insegnamenti di Dale Carnegie e Frank Bettger
gestione del tempo e delle attività mediante la tecnica GTD di David Allen
Consulenza e strategia come professionista
Attività autonoma come consulente per la gestione dell’informazione
Studio e applicazione della Strategia Oceano Blu
Idee all’apparenza balzane
La scuola parentale di Strade Maestre — Strade Maestre potrebbe diventare una vera e propria scuola parentale con un percorso completo di 5 anni. E aggiungerei che dovrebbe essere data l’opportunità di entrare in prima a tutti quei ragazzi e quelle ragazze che hanno vivono durante le medie un periodo di grande difficoltà, intercettandole e intercettandoli. Si potrebbe dunque dar vita ad un percorso completo di cinque anni multi-indirizzo, oppure a più percorsi ciascuno col proprio indirizzo e con cammini differenti sul territorio. Le classi dello stesso indirizzo potrebbero viaggiare a 2-3 giorni di distanza sullo stesso tracciato e scambiarsi i docenti di tanto in tanto.
Istituto Strade Maestre, Liceo delle scienze umane opzione economico-sociale con progetto sportivo «Mario Mazza» — Strade Maestre potrebbe diventare un progetto di scuola superiore parentale con un unico indirizzo, il che faciliterebbe la progettazione didattica e del curricolo, sulla falsa riga delle scuole parentali istituite negli ultimi quindici anni da diversi enti. Molti di questi hanno dato vita a dei Licei delle scienze sociali. Strade Maestre potrebbe offrire la possibilità di conseguire un diploma di Liceo delle scienze umane opzione economico-sociale con progetto sportivo, e magari la scuola potrebbe essere intitolata al maestro, pedagogista, amante della natura e capo-scout Mario Mazza.
Diario di bordo — Appunti sparsi di un mese in transito
«Scrivere serve a non pensare troppo, a lasciare che i pensieri respirino altrove.»
— appunti personali del mese passato
Ci sono mesi che non si lasciano raccontare, solo trascrivere. La mente sembra un alveare. Quest’ultimo periodo è proprio così: un mese di annotazioni scarabocchiate sul taccuino in treno, di titoli. Tante idee, intuizioni, ricordi, piccoli lampi apparentemente di genio che si accendono e svaniscono. Per non farmi infastidire dal loro continuo ronzio, e far sì che non si tramutino in un criceto che mi corre all’impazzata in testa, li metto per iscritto, affidandoli a Things, l’app più solida che conosca, come si fa con le cose che non si vogliono perdere ma nemmeno trattenere. Un po’ come fa quel mago del prof. Silente col suo Pensatoio.
Il mio personale modo di appuntarmi questi lampi, queste idee è annotarti sotto forma di titolo, eventualmente di sottotitolo e corredandoli con quale nota. A volte bastano poche parole per liberarsi da un pensiero, come se scriverlo significasse già attraversarlo. Ogni titolo è un seme, un pensiero cristallizzato in poche parole, il titolo di un libro che non ho ancora scritto, o forse di una vita che non ho ancora vissuto.
Quelli che seguono sono dunque dei cristalli di pensiero, pensieri brevi che mi permettono di smettere di pensare troppo. Li raccolgo qui come si raccolgono le conchiglie dopo una mareggiata: ognuna ha una forma diversa, e tutte raccontano la stessa marea della vita nello spazio tra un’onda e la successiva.
Come sto passando dalla scuola alla scholé
Mi apro a nuove esperienze di vita viaggiando attraverso eremi, monasteri buddhisti ed ecovillaggi?
Voglio prendermi un periodo sabbatico e andare alla scoperta di persone, vite, racconti, conquiste raggiunte da altri. Non so ancora cosa sto cercando, ma so che avrò bisogno di tre mesi di silenzio, di viaggio, di ascolto. Forse racconterò questi mesi, su YouTube, forse con qualcuno accanto. Sarebbe proprio bello. Forse sarà solo un taccuino di voci raccolte lungo la strada, come quel bel podcast «Tracce. Storie di cammini. Il Cammino Minerario di Santa Barbara» condotto da Valentina Lo Surdo.
Perdere
Gianfranco Zavalloni scriveva:
Perdere tempo a parlare. — C’è una fase, di solito l’inizio del primo anno di un nuovo ciclo scolastico, in cui tutto il tempo perso a parlare e ad ascoltare i ragazzi nelle loro storie personali è preziosissimo. È il tempo della scoperta, della conoscenza dei vissuti personali, dell’elaborazione di buone regole comuni del vivere insieme. Perdere tempo senza “fare il programma” (uno dei principali motivi d’ansia dei nostri insegnanti) non è di certo perdere tempo. Ci sarebbe molto da riflettere, a tal proposito, su tutte quelle attività di cosiddetta continuità fra i diversi gradi di scuola… se poi non perdiamo tempo a conoscere i nostri ragazzi!
Io aggiungo: perdere qualcuno, perdere tutto. Perdere per seguire una strada che non so dove porta, ma che profuma di povertà interiore e di compassione. Forse solo perdendo si diventa capaci di ricevere. […]
In una società basata sul successo, sul guadagno e sul vincere, abbiamo mai riflettuto sull’importanza e sul valore pedagogico del “perdere”? Perdere tempo, perdere una partita, perdere un treno, perdere un oggetto, perdere un appuntamento, perdere qualcuno, perdere e basta… perdere!
Io aggiungo: perdere qualcuno, perdere tutto. Perdere ovvero lasciare ogni cosa per seguire una strada che non si sa dove porti, ma che profuma di povertà interiore e di compassione. Forse solo perdendo si diventa capaci di ricevere.
Il sempre nuovo inizio del cammino umano
Martin Buber, ne Il cammino dell’uomo, ricorda che ogni giorno l’uomo deve rinascere al proprio compito. Non c’è arrivo, non c’è stasi. Ogni mattino è un primo passo. La pedagogia più vera è forse questa: imparare ogni giorno a ricominciare, tornado e ripartendo da sé stessi per essere d’aiuto agli altri, alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi.
Il prossimo fallimento
Questo potrebbe essere il titolo perfetto per l’articolo del 1° gennaio 2026. Non per pessimismo, ma per onestà: fallire è il modo più sincero di avanzare. Ogni volta che inciampo, scopro una direzione. Ogni errore mi allena a cadere meglio e a capire di più.
AAA cercasi Maestra/o
La cerco da una vita o lo cerco da una vita. Maestra o Maestro. Una guida, qualcuno che mi insegni l’arte di educare. Non un modello irraggiungibile, ma una presenza che sappia restituirmi uno sguardo, un feedback sincero: su ciò che faccio bene, su ciò che devo smettere di fare, su ciò che potrei imparare.
Vorrei un maestro che mi accompagni, non che mi preceda. Non per seguirne pedissequamente, ma per andare in cerca di ciò che anche lei o lui hanno cercato un tempo.
Il bello e il buono della scuola
Diciamocelo. Nel senso: diciamoci le cose belle e le cose buone della scuola. Vorrei invitare chi legge a raccontare il proprio “bello e buono della scuola”: da studenti, da docenti, da genitori.
Le cose piccole, i gesti di cura, le mattine che restano impresse.
Forse basterebbe raccoglierle per accorgersi che la scuola è ancora viva, anche quando non sembra.
Spiritualità della strada
C’era un libro, Spiritualità della strada, di Giorgio Basadonna. Lo comprai pieno di aspettative, ma vi trovai più teologia che strada. Io invece vorrei raccontare il cammino, il sentiero che ciascuno percorre per comprendere sé stesso. Una spiritualità del camminare, del parlare con chi si incontra, del fermarsi a guardare un volto. Forse un giorno ne nascerà un podcast, o una serie di interviste. Forse un libro. Forse solo una lunga passeggiata.
Le mie molte vite
Un divertissement, un gioco d’immaginazione.
In quante città potrei essere nato, in quante scuole potrei aver studiato, in quanti lavori potrei aver trovato la mia strada?
A Firenze, maestro elementare.
A Trento, grafico tipografo diventato educatore pavoniano.
A Monza, monaco buddhista tornato dopo dodici anni per fondare un monastero di montagna.
Ogni possibilità è una vita che mi abita ancora, e che forse, da qualche parte, esiste davvero.
Pause feconde
Prima pausa: imparare a sostare — la śamatha, la quiete che precede la visione.
Seconda pausa: sostare sugli oggetti culturali, come insegna Franco Lorenzoni.
Terza pausa: il “perdere tempo” di Zavalloni, ancora lui.
Sostare è la condizione di ogni nascita: niente fiorisce nella fretta.
Lettera alle future generazioni
A chi morirà nel futuro.
Scrivo per chi verrà dopo di noi, per chi erediterà un mondo stanco ma ancora pieno di possibilità. Vorrei dire loro che la vita non è solo produzione, ma anche contemplazione; che la libertà non è consumo, ma prendersi cura; che ogni gesto può essere una soglia, una porta. Forse non ci incontreremo mai, ma il solo pensiero che possiate leggere queste righe mi dà la forza di continuare. Perché in fondo al cuore, e la fisica mi dà ragione, so che ogni ragazza e ogni ragazze che nascerà e morirà in futuro, è già dentro me, in ogni mio respiro.
Pedagogia del cielo
C’è un gruppo del Movimento di Cooperazione Educativa che si chiama proprio così: Pedagogia del cielo. La loro pagina Facebook, purtroppo, non si aggiorna più dal 2022, ma il nome da solo basterebbe a far nascere un libro intero.
“Pedagogia del cielo”: due parole che si abbracciano come aria e luce.
Il cielo è la prima lavagna, o il primo schermo, dell’umanità. Da sempre lo guardiamo per capire: le stelle, i cicli, le nuvole, le eclissi, la luce che cambia nel corso delle ore e dei giorni dell’anno. Guardare il cielo è stato, per millenni, un atto spirituale e scientifico insieme.
È dal cielo che abbiamo imparato a misurare il tempo, a intuire la forma della Terra, a comprendere che non siamo al centro dell’universo. È osservando a fondo il cielo che abbiamo scoperto la nostra piccolezza e, allo stesso tempo, la nostra appartenenza al tutto.
Quando penso al cielo, non riesco a separare la fisica dalla filosofia, l’arte dalle matematica, né la meteorologia dalla meditazione. Il cielo è l’aula più grande che esista: vi si insegnano la geografia e la compassione, il calendario e l’impermanenza delle nuvole. Le nuvole — come in quel mazzo di carte di Terre di Mezzo che porto nel cuore — insegnano il cambiamento continuo, la transitorietà, la forma che nasce e scompare.
Nel cielo ci sono l’acqua, l’aria, il calore, lo spazio: gli stessi elementi che compongono il corpo umano e la coscienza collettiva. Ci sono anche tutti i nostri antenati, perché gli atomi che ci formano provengono da stelle esplose miliardi di anni fa. Persino il ferro del nostro sangue, quello che ci permette di respirare, è una polvere celeste, come del resto ogni altro atomo.
Guardando il cielo, ogni volta mi accorgo che tutto inter-è: che nulla esiste da solo, che ogni cosa è connessa a tutto il resto. Non è tazza di tè senza l’acqua del rubinetto, non c’è acqua di rubinetto senza idraulico tubature e sorgente, non c’è sorgente senza rocce pioggia e neve, non c’è pioggia senza cielo e nuvole, non c’è nuvola senza mare, non c’è mare senza lago fiume fango fogna e fiori.
Per questo «pedagogia del cielo», ma anche «pedagogia delle nuvole», mi piace così tanto come idea: perché riunisce in una sola immagine la scienza e la poesia, la mitologia e la spiritualità, la ragione e la contemplazione, l’antico il presente e il futuro. È una pedagogia che insegna non a possedere il mondo, ma a guardarlo.
E forse, un giorno, da questo titolo nascerà davvero un articolo. O un viaggio. O una scuola fatta di luce, aria e domande.
2026 — cento anni dalla nascita dei miei nonni e del maestro Thich Nhat Hanh
Il 2026 sarà un anno curioso: il centenario dei miei nonni e quello del maestro Thich Nhat Hanh. Due origini diversissime eppure, per me, intimamente intrecciate. Da un lato le radici familiari, concrete, contadine, fatte di piccoli gesti e grandi fatiche, grandi gioie e pochi rimpianti. Dall’altro la radice spirituale che mi accompagna concretamente da un anno, ma intimamente da molto di più. Un «maestro radice», mai conosciuto di persona, un monaco che ha insegnato al mondo la pace come pratica quotidiana. È strano pensare che la stessa data accomuni queste presenze: sembra quasi un invito a riflettere su come la vita tenga insieme tradizione e trasformazione, sangue e consapevolezza, passato e cammino.
Inventarsi un mondo
È un titolo che mi riporta, il lettore perdonerà l’impudicizia di un ricordo così intimo, alla mia infanzia e al modo in cui ho sempre amato andare in bagno, alla toilette insomma. Le favole che mi raccontavo da solo mentre restavo lì chiuso, al sicuro, con un libro o con la mia immaginazione. Era, ed è ancora, l’unico luogo in cui leggevo senza scopo, senza obbligo, senza alcuna pretesa di apprendere qualcosa: pura gioia.
Ancora oggi ho più di un libro in bagno. Così come ho più di un libro sul comodino, uno sul letto che giace insieme a me, e tanti altri in soggiorno.
«Inventarsi un mondo» è l’atto originario del teatro, del bambino che diventa re o astronauta, dell’adulto che si concede di tornare leggero. È anche un invito a ritrovare quello spazio mentale in cui l’immaginazione non serve a evadere, ma a tornare più veri.
«Per scoprire qualcosa di me». Del perché ho sempre voluto andare a scuola
Prendo in prestito una frase di Franco Lorenzoni: «per scoprire qualcosa di me». E mi accorgo che è sempre stata la mia ragione per andare a scuola. Non per i voti, non per i programmi, non per l’obbligo: per un bisogno di specchiarmi negli altri, nei libri, nei maestri. Per scoprire. La scuola è stata la mia prima lente di ingrandimento, il primo laboratorio in cui ho intuito che conoscere il mondo era un modo per capirmi meglio, anche se ne sono diventato consapevole solo di recente. Prima pensavo solamente di voler conoscere tutto del cosmo. Forse non ho ancora finito di farlo. Forse continuo a cercare occasioni per insegnare proprio per questo. E proprio per questo amo stare «a scuola», ovvero insieme ad altre persone allo scopo di imparare qualcosa. Ovviamente quando ciò non accade faccio i bagagli e arrivederci.
Fidandomi dei miei passi
Un’altra frase di Lorenzoni si è radicata in me dopo aver partecipato on-line ad una sua recente conferenza: «fidandomi dei miei passi». Nessun libro si intitola così, ma forse un giorno potrebbe accadere. È un’idea che parla di cammini senza garanzie, di direzioni che si scoprono mentre si cammina. Di pedagogia lenta e di crescita adulta. Fidarsi dei propri passi significa accettare che il terreno non sarà sempre solido e che proprio da questo nasce l’esperienza. È una frase che potrebbe aprire una conferenza, un articolo, ma soprattutto una scelta di vita.
Lassù tutto era attenzione
Prendo la citazione da Non so se don Lorenzo di Adele Corradi.
Ho detto una volta che Barbiana era una realtà particolare.
Ora mi vien fatto di dire che lassù si viveva “nell’attenzione”. Quando venivano le mie sorelle a trovarmi provavano l’impressione di venire in un mondo di solitudine. Le case erano lontane una dall’altra. La strada si arrampicava nella solitudine.
Vivendo lassù, invece, si sapeva che era una “solitudine abitata” e chi l’abitava non era distratto, ma attento. E il più attento di tutti era il Priore di Barbiana.
È una frase quasi verticale: ti tira verso l’alto, come i monti, come le terrazze di Barbiana, come ogni luogo in cui lo sguardo si fa vigile e non distratto. Parla di una qualità dell’osservare l’altro, di quel I CARE, che oggi rischiamo di perdere: lo stare tesi verso l’essenziale, il non sprecare un istante, il cogliere ogni sfumatura del presente. Potrebbe diventare un pezzo sulla cura educativa, sulla gioia dell’osservare, o forse sull’altitudine morale che don Milani chiedeva a sé e ai suoi ragazzi.
Lascio la scuola dove lavoro. Prosegue il Cammino di ricerca
Oggi è il 14 dicembre 2025. Il 31 di questo mese si concluderà il mio rapporto di lavoro con l’Istituto dove per tre anni e mezzo ho ricoperto il ruolo di portinaio e tecnico informatico.
Originalità è tornare alle origini
— Antoni Gaudí
Quindi ricomincio da capo. Ricomincio a cercare una scuola dove possa stare bene, dove ragazze e ragazzi si sentano bene, dove poter collaborare attivamente con colleghe e colleghi condividendo un cammino comune e un pezzo di strada.
La cerco da anni senza successo. E per chi come me non ha una laurea e non vuole lavorare dentro le strette maglie delle scuole superiori statali, ma ama i progetti delle medie speciali, i progetti di quelle scuole primarie fatte di maestre e maestri illuminati, i progetti di quelle parentali che con cognizione di causa e con un grande bagaglio pedagogico innovano, i progetti di scuole come Scuola- Città Pestalozzi ecc, in somma per chi come me si sente un cane sciolto, come amava definirsi Alberto Manzi, arriva ogni 3-4 anni il momento in cui capisce che in un certo posto non può più contribuire a nulla. Anzi può nuocere. Ed allora arriva il momento di fare un passo indietro come il granchio, e ripartire alla ricerca. Quindi eccomi di nuovo in cammino.
Se qualche lettore sta leggendo queste parole e pensa che nel luogo in cui si trova ci sia la possibilità per uno come me di investire le proprie forze residue, non esiti a contattarmi, per favore.
I prossimi cinque giorni saranno gli ultimi durante i quali avrò la possibilità di vedere tutte le ragazze e i ragazzi incontrati in questi tre anni e mezzo, cui sono molto affezionato e che così importanti sono diventate e diventati per me. Di alcune e alcuni di loro ho la forma tatuata sul polso sinistro. Proprio venerdì scorso, mentre allestivamo le decorazioni per le festività, una ragazza di terza che da un mese era a stage è tornata scuola per stare insieme durante il pomeriggio e partecipare anche a delle attività e delle riunioni coi rappresentanti di istituto. Quando l’ho rivista ho voluto dirle di persona, cosa di cui era all’oscuro, che mi sono licenziato. Lei mi ha guardato con i suoi bellissimi occhi marroni, due diversi colori di ombretto, ed è scoppiata a piangere. Ci siamo abbracciati e lei ha continuato a piangere singhiozzando e sobbalzando. Inutile che vi dica come ho reagito io. Proprio pochi giorni prima sua mamma, in mia e sua presenza, mi ha raccontato di un fatto accaduto il giorno in cui insieme alla figlia sono venute nel nostro istituto in visita: «Quando mia figlia è arrivata e ha incontrato per la prima volta il suo sorriso, ci siamo guardate e mi ha detto “Mamma, se vengo qui è per lui”». So che dovrò versare non poche lacrime questa settimana.
E ora dunque sono in cerca di nuovo e più ardui progetti educativi.
Grazie e buona strada
Grazie per questi tre anni e mezzo di viaggio insieme,
Grazie per i vostri sorrisi.
Grazie per i vostri sguardi pieni di vita.
Grazie per i vostri occhi pieni di speranza, a volte di lacrime, colorati.
Vi auguro di essere luce nelle vite delle persone che incontrerete in futuro, di essere luce lungo le strade maestre delle vostre stesse vite e di quelle di coloro che vi amano.
Grazie per le vostre esperienze condivise insieme, sia quelle difficili, sia quelle bellissime che quelle splendide.
Grazie per il tanto tempo trascorso insieme, perché tre anni trascorsi con ognuna e ognuno di voi sono circa 3×250 = 750 anni di vite sommate insieme.
Grazie per le giornate più dure, perché le giornate più dure sono solo lacrime che cadono ma poi si asciugano, rendendo ognuna di voi e ognuno di voi più grande e me più consapevole, compassionevole e coraggioso.
Vi auguro di avere sempre fiducia in voi stesse e voi stessi, di essere pazienti.
Grazie per i vostri dolcetti e le vostre torte,
Vi auguro di apprezzare sempre nella vita i doni che ricevete e le cose che ogni giorno vi sfamano, vi fanno divertire, vi fanno imparare.
Grazie per i vostri poliedri regolari e fantasiosi, ma pur sempre solidi.
Vi auguro di vivere a lungo e di praticare ogni giorno la pazienza e la tolleranza.
Grazie per le vostre domande, inquietanti, geniali, autentiche, profonde, esploratrici, simpatiche e divertenti, universali e cosmiche.
Vi auguro di accettare ogni sfida dell’esistenza e di ricordarvi sempre quanto siete forti dentro di voi, e belle e belli.
Vi auguro di avere sempre l’obiettività di riconoscere le vostre conquiste quotidiane e di impegnarvi per essere ogni giorno una donna e un uomo migliori di quel che eravate il giorno precedente.
Grazie per essere stati in questi tre anni la famiglia che non ho mai avuto e per avermi fatto sentire a casa in mezzo a voi.
Vi auguro di accettare lungo il cammino che avete davanti ogni ostacolo, ogni difficoltà, ogni festa e ogni gioia, e di amare profondamente.
Grazie per le belle canzoni.
Grazie per le parole gentili.
Grazie per tutti i vostri buongiorno.
Continuate a condividere il buongiorno con chi incontrate lungo il sentiero della vita.
Vi auguro di essere generosi, onesti con voi stessi e con gli altri.
Grazie per i vostri abbracci, sia quelli forti, sia quelli distanti, sia quelli virtuali, sia quelli tre-man-ti. Tutti questi abbracci sono stati tanti regali di compleanno ed hanno riempito le giornate come fosse sempre festa.
Grazie per i numerosi racconti dei vostri sogni.
Grazie per aver condiviso le vostre passioni, i vostri interessi, i vostri progetti.
Grazie per aver confessato i vostri pensieri, le paure, le gioie, i desideri.
Per questo vi auguro di praticare ogni giorno la gentilezza, la considerazione delle idee degli altri, il rispetto per voi stesse e voi stessi, per le altre persone, per ogni albero e ogni fiore, ogni cane, ogni gatto, ogni animale e per ogni monte e ogni fiume che incontrerete. Abbiate fiducia in voi stessi e in chi vi circonda e vi ama.
Vi auguro di vivere e camminare insieme sempre nell’amicizia, affinché alla fine dei vostri passi possiate affermare di esservi impegnati perché il mondo fosse un posto migliore di come lo avete trovato.
Vi voglio bene e ve ne vorrò sempre. Buona strada a tutti!


