Manifesti e sportswear: due archivi per imparare
Dal lascito di Nando Salce ai progetti visionari di Massimo Osti: idee per viaggi d’istruzione tra grafica e moda.

Premessa
Nell’ultimo mese ho annotato due luoghi, uno a Treviso e uno a Bologna, che potrebbero trasformarsi in destinazione per un viaggio d’istruzione.
Un viaggio che si potrebbe inserire all’interno delle ore curricolari di un insegnamento, o conteggiare come studio individuale o autoapprendimento, oppure ancora essere presentato come proposta condivisa tra più corsi in un sabato speciale.
L’invito è aperto agli insegnanti delle scuole superiori, ai docenti e agli studenti di percorsi ITS e accademici: due mete che parlano a chi studia graphic design e fashion design, due mondi diversi ma connessi.
La collezione Salce di Treviso
Il primo luogo è la Collezione Salce, che porta il nome del suo fondatore e donatore: Ferdinando “Nando” Salce (Treviso, 1877-1962).
Collezionista appassionato di manifesti illustrati, Salce ebbe la fortuna di potersi dedicare – grazie a una condizione economica agiata – quasi esclusivamente a questa passione.
Con un testamento datato 26 aprile 1962, lasciò allo Stato italiano l’intera collezione con un’intenzione precisa:
«perché serva in scuole e accademie […] a studio e conoscenza di studenti, praticanti e amatori delle arti grafiche».
Il patrimonio ammonta a circa 25.000 manifesti. Non potendo esporli tutti, il museo dispone di due sedi a Treviso, dove vengono organizzate mostre tematiche a rotazione.
Un’occasione unica per gli studenti di grafica: non solo per vedere e studiare i manifesti come oggetti storici, ma per comprenderne l’evoluzione tecnica, estetica e comunicativa.
L’archivio del «Massimo Osti Studio» di Bologna
Il secondo viaggio ci porta alla scoperta del mondo della moda. A Bologna si trova il Massimo Osti Studio, archivio e collezione curati dal figlio Lorenzo Osti.
Massimo Osti (1944–2005) è stato imprenditore e stilista, fondatore di due marchi diventati iconici: C.P. Company e Stone Island. Due realtà che hanno segnato la storia dello sportswear, termine più preciso di “abbigliamento sportivo” perché indica un intero segmento culturale e stilistico.
Alla sua morte, lo studio e i magazzini hanno restituito un immenso patrimonio: capi, accessori, campioni di tessuto, prototipi, lettere, immagini e documenti di lavoro.
Parte di questa collezione è oggi esposta in Cina, al China Design Museum, ospitato all’interno campus della China Academy of Art nel distretto di Xiangshan. Un’altra parte è custodita a Bologna, 2.000 pezzi circa, e visitabile nello studio, dove prende forma la storia di un processo creativo che ha influenzato generazioni di designer.
Per gli studenti di fashion design, l’archivio Osti è una miniera didattica: non solo si possono ammirare capi diventati celebri, ma è possibile anche ricostruire, in un certo qual modo, il metodo progettuale dietro ogni dettaglio, comprendere le contaminazioni con le sottoculture urbane e militari e osservare come il made in Italy abbia dialogato con il mondo, tanto da influenzare l’abbigliamento degli hooligans negli stadi inglesi insieme ad altre scene giovanili.
Un esempio lampante di tutto ciò è il volume Inside the Westminster Menswear Archive di Andrew Groves, che documenta come i capi di Osti siano entrati in altre collezioni e abbiano assunto un valore transculturale, capace di travalicare confini geografici e stilistici.
Nella prefazione del volume compare un contributo proprio di Lorenzo Osti, che aiuta a capire la portata dell’archivio del Massimo Osti Studio. Eccolo tradotto in italiano.
Lorenzo Osti, Presidente C.P. Company
Mio padre e il suo archivio: come Massimo Osti ha contribuito a cambiare il fashion designMio padre iniziò il suo archivio il giorno stesso in cui cominciò a lavorare nella moda.
Per lui non era soltanto una collezione di abiti: era il suo modo di lavorare, il suo metodo. Era tutto.Ricordo che in un’intervista disse che tutte le sue collezioni cominciavano «con una passeggiata nell’archivio».
Il suo approccio era molto diverso da ciò che accadeva intorno a lui, in quel momento, nell’industria della moda. È importante ricordare che mio padre non proveniva dal mondo della moda, non si considerava uno stilista, e per questo il suo metodo di lavoro era radicalmente diverso.Se il tuo approccio al design deriva soltanto dalla creatività, un archivio può essere utile, ma non è indispensabile.
Un creativo realizza qualcosa di reale – un oggetto – a partire da pensieri, idee, ispirazioni: è un approccio dall’alto verso il basso (top-down).
L’archivio, in questo caso, serve per convalidare o rifinire quell’idea.Mio padre non ragionava così.
Il suo approccio era l’opposto: partiva dal basso e risaliva verso l’alto. Aveva davanti qualcosa di concreto e, a partire da lì, creava qualcosa di nuovo, assemblando, modificando e combinando per generare ciò che ancora non esisteva.
Era attratto dalla funzionalità, dai dettagli che si muovono, dal cambiare il contesto in cui parti già esistenti funzionavano.
Per questo Massimo non aveva idea di come sarebbe stata una collezione, finché non vedeva qualcosa di fisico, qualcosa che potesse essere migliorato, trasformato o ribaltato di 180 gradi.Se lavori in questo modo, devi partire da elementi già esistenti, classificarli e studiarli.
E qui entra in gioco l’archivio.
Non serviva solo a tenere traccia di ciò che aveva fatto fino a quel momento, non era un semplice contenitore di ricordi o una biblioteca di riferimento.
No, era la fondazione stessa di tutti i marchi che aveva creato e amato, in primo luogo C.P. Company. Era legato in maniera totale al suo modo di lavorare, uno strumento essenziale fin dal primo giorno.Non importava che ci fossero solo tre pezzi: quei tre pezzi sarebbero stati utili, perché da tre potevano diventare trenta, trecento, tremila, e un giorno forse perfino trentamila.
Per lui, i vestiti dovevano essere reali, utili, pratici, radicati in una realtà fisica, dotati di strumenti per quella realtà.
Ritrovo molte delle idee di mio padre oggi nel Westminster Menswear Archive e, quando parlo con Andrew [Groves], riconosco nelle sue parole riflessioni che avevo già sentito.Quando incontrai Andrew per la prima volta, nel 2017, mi disse che voleva avviare l’archivio. Fu la prima volta che sentii parlare di una scuola di moda che adottava quel tipo di approccio nella didattica, offrendo agli studenti la possibilità di lavorare nello stesso modo in cui aveva lavorato mio padre.
È un cambiamento radicale nel modo di formare nuovi designer e sviluppare un percorso alternativo di progettazione.Sono profondamente onorato che Andrew si sia ispirato all’archivio di mio padre, e grato che offra a una nuova generazione di designer questa opportunità senza precedenti.
Ho raccolto on-line una playlist di YouTube con quattro interessanti video che mostrano lo studio: Playlist: Massimo Osti Studio.
Perché proporre queste mete
Sia la collezione Salce che il Massimo Osti Studio incarnano l’idea di un patrimonio vivo. Non si tratta solo di guardare a un passato da ammirare, ma di studiare con occhi nuovi ciò che è stato creato, progettato e comunicato.
Per chi studia grafica e moda, questi due luoghi sono laboratori a cielo aperto. Lì si può imparare a osservare i dettagli, a ricostruire processi, a capire come il design sia sempre intrecciato con la società, le passioni, le culture, la storia, gli usi ecc.
Un viaggio d’istruzione qui non è inteso come una semplice gita. È un’esperienza di ricerca, di scoperta, di dialogo con chi ci ha preceduto e con chi continua a coltivare, custodire e rilanciare questi patrimoni.
L’importanza degli archivi nel mondo della moda: dal tessuto ai costumi del cinema
Concludo fornendo al lettore due approfondimenti volti a sottolineare l’importanza degli archivi nel mondo della moda e, credo, nel mondo del design intero.
Il progetto «Behind The Roles» di Clerici Tessuto
Il primo approfondimento lo si può condurre su LinkedIn all’interno del profilo dell’azienda Clerici Tessuto & C. S.p.a., una delle principali aziende tessili al mondo per il settore del lusso. Con oltre un secolo di storia, è oggi un punto di riferimento per i grandi marchi internazionali, guidando l’intera filiera con qualità, affidabilità e competenze integrate.
Nel 2024 l’azienda ha pubblicato a puntate una serie di video e post dal titolo «Behind the Roles», seguendo una logica di pubblicazione che coincideva con i tempi della produzione. I video raccontano i profili professionali dei collaboratori di questa grande azienda tessile italiana. Tra questi uno riguarda il lavoro dell’archive supervisor. In questo video la signora Morena ci porta alla scoperta dell’immenso archivio Clerici, spiegandoci che è alla base della creazione di ogni nuova collezione, e che è sempre in espansione grazie a nuove acquisizioni.

Siamo lieti di svelare il nostro ultimo progetto, “Behind The Roles”, una serie di video che mostrano la vasta gamma di profili professionali all’interno della nostra azienda tessile. Ogni episodio presenta uno dei membri del nostro team dedicato, offrendo uno sguardo ravvicinato al loro ruolo e alle loro responsabilità. Dalla progettazione alla produzione, dal marketing alla logistica, “Behind The Roles” offre uno sguardo esclusivo dietro le quinte del funzionamento interno della nostra azienda, presentato dai membri del team che ricoprono quei ruoli chiave. Il progetto mira a ispirare la prossima generazione mostrando le numerose opportunità di carriera disponibili nel dinamico mondo del tessile. Preparatevi a incontrare i volti dietro il tessuto!
Ho raccolto tutti i video pubblicati in un’apposita pagina web: Clerici Tessuto «Behind the Roles»
Il Costume Design di Ruth Carter
Il lavoro della costumista Ruth Carte, come raccontato nell’episodio numero tre della seconda stagione di Abstract: The Art of Design, inizia sempre con una attenta lettura della sceneggiatura del film. Matita ed evidenziatori sono gli strumenti indispensabili al lavoro della Carter. L’archivio poi è il luogo in cui tutto si concretizza, prende vita, e in cui gli attori possono indossare i panni dei loro personaggi.
Il documentario è disponibile sia su Netflix sia su Dailymotion gratuitamente. Su canale YouTube degli Oscar inoltre è possibile visionare il documentario Ruth Carter’s Creative Process | Oscar-Winning Costume Designer, attraverso il quale si può scoprire l’incredibile lavoro della costumista Ruth Carter, vincitrice di un Premio Oscar, mentre accompagna lo spettatore nel suo processo creativo e nelle ispirazioni che hanno dato vita a opere straordinarie come Black Panther e School Daze.
Quello di Ruth Carter è lavoro, è emozione trasposta in abiti e mi ricorda da vicino Diana Vreeland, l’imperatrice della moda.
Conclusione
Un archivio, una collezione, un libro: tutti possono farci da maestri.